Checco Zalone è il re delle sale cinematografiche italiane, su questo non ci sono dubbi. Dopo appena due giorni dall’uscita al cinema del suo nuovo lavoro “Quo Vado?”, l’attore e comico barese si guadagna la stima e la risata degli italiani per un valore di oltre 22 milioni di euro. Un record secondo i dati dei botteghini, che lo vedono in lizza per sbaragliare la concorrenza dei suoi stessi film: nel 2013, “Sole a catinelle” registrò quasi 52 milioni di euro diventando, in Italia, il secondo incasso più alto di sempre ( dietro “Avatar”, che con 67,7 milioni resta ancora al primo posto tra i film più visti).
Le reazioni al film non si sono fatte di certo attendere: se Adriano Celentano esprime tutta la sua simpatia nei confronti del “Checco nazionale” , definendolo una “medicina” per i mali del Paese, e lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ammette di aver “riso ad ogni battuta del film” contro le previsioni funeste de “i professionisti del radical chic”, ecco che produttori e registi del panorama cinematografico italiano confessano, in un’intervista a La Stampa, una certa vena di “stizza” nei confronti del collega pugliese.
Giovanni Veronesi, sceneggiatore de Il Ciclone, ammette:
“Ho vissuto qualche anno fa quello che Zalone sta vivendo adesso. Il Ciclone fu una goduria enorme, una vera e propria moda, se uno non lo andava a vedere veniva considerato scemo…adesso certo, un po’ d’invidia ce ce l’ho. Checco è un comico del popolo, guardandolo si ride molto, anche più del dovuto. Si è conquistato la fiducia del pubblico e il pubblico gli va dietro comunque”.
Anche Enrico Vanzina, fratello minore del “duo Vanzina” che nel lontano 1983 inaugurò la fitta schiera dei “cinepanettoni” con Vacanze di Natale affida la popolarità di Checco a una mancata controproduzione natalizia di rilievo:
“I film di Natale, quest’anno, non erano il massimo, la gente si è tenuta i soldi per andare a vedere Zalone. Poi chi ha talento ha anche c…, la pioggia, dopo giorni senza nemmeno una goccia d’acqua, è arrivata proprio la notte dell’uscita del film. Checco è il re degli ignoranti, il suo personaggio è grande. Anche lui, come Totò, viene chiamato col suo nome d’ arte”.
Il patron della Filmauro, Aurelio de Laurentiis, nelle sale quest’ anno col suo“Natale col boss”, si dice per niente meravigliato dello straordinario successo di Zalone:
“Zalone? Mi meraviglio che ci si meravigli. Nel passato abbiamo avuto, a prezzi più bassi, successi di questa portata. Parlo dei 34 milioni di euro di Natale sul Nilo, dei 110 miliardi di lire de La Vita è bella. Ci meravigliamo solo perchè nel nostro sistema cinematografico, tutto il resto è un disastro”.
In attesa di festeggiare i 25 anni del trio, Giacomo Poretti di “Aldo, Giovanni e Giacomo”, di cui ricordiamo il film “Tre uomini e una gamba”, spiega:
“E’ inutile andare a cercare il pelo nell’uovo, i fenomeni si ripetono periodicamente. Succede che si crei un effetto massa, più persone vogliono condividere la stessa esperienza”.
E sulle differenze tra la comicità di Checco e quella del famoso “trio”, aggiunge:
” Siamo lontanissimi da Zalone: lui pretende di fare satira, noi siamo surreali”.
Francesco Bruni, sceneggiatore preferito di Virzì e regista di Scialla (2011), sembra non accettare fino in fondo l’idea che, in questi weekend, Zalone sia stato preso ad esempio nel dibattito intellettuale italiano:
“Mi da fastidio che il suo successo venga brandito per prendersela con i “radical chic” della situazione. Cosa vorrebbe dire questo, che tutti gli altri registi sono sfigati e fanno solo film pallosi? Dovremmo esser contenti se solo un 5% degli spettatori di Zalone entrerà di nuovo nella sale dopo questo periodo”.
Guarda anche:
“Quo Vado?”: Checco dallo psicanalista
“Quo Vado?”: Checco dal Papa
“Quo Vado?”: Checco e la farmacia
A questo link l’audio dell’intervista a Checco Zalone
Nel film c’è anche lui e aveva le idee chiare fin dal primo ciak. “Dissi subito a entrambi, Checco Zalone e il regista Gennaro Nunziante, che avrei portato loro fortuna”. Di attore e regista del successo di questi giorni dice: “Sono due persone colte e mirabili: due persone perbene. Si completano, si capiscono con uno sguardo. Meticolosissimi”
di Andrea Scanzi | 5 gennaio 2016
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Più informazioni su: Checco Zalone, Lino Banfi
Se c’è una persona che non si è per niente stupita dello straordinario successo di Quo Vado?, quello è Lino Banfi. Nel film c’è anche lui e aveva le idee chiare fin dal primo ciak. “Dissi subito a entrambi, Checco Zalone e il regista Gennaro Nunziante, che avrei portato loro fortuna”.
Quanta fortuna?
Dissi così: ‘Sento odore di 60 e passa milioni di euro’. Loro possono testimoniare. Non è che sia un indovino, molto semplicemente era chiaro. Bastava guardarli lavorare.
Parla sempre al plurale.
È un errore che fanno quasi tutti gli osservatori: parlano solo di Zalone. Ma non ci sarebbe Zalone, non al cinema almeno, senza Nunziante. Uno è un 14 carati e l’altro un 18: insieme formano un oro ancor più prezioso. Sono due persone colte e mirabili: due persone perbene. Si completano, si capiscono con uno sguardo. Meticolosissimi.
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Lo dice quasi come se fossero sin troppo meticolosi.
Se dovessi usare un aggettivo per definire quel che ho provato quando ho lavorato con loro, probabilmente non userei la parola ‘divertente’. Non voglio però essere frainteso: le risate sul set non mancavano, solo che sono scrupolosi e curano ogni dettaglio. Anche se molta critica non lo nota.
Tasto dolente: la critica.
Se ci chiamassero per consegnare un David di Donatello, si incazzerebbero tutti i colleghi. Non dico per premiarci: dico anche solo per consegnare un premio. Sarebbe già un sacrilegio: i premi li deve vincere Pupi Avati, mica noi. Checco lo sa e ci gioca molto.
Le spiace?
È un difetto tutto italiano. In America uno come Zalone verrebbe riempito di riconoscimenti. Io però una soluzione ce l’ho: andiamo insieme a Venezia e io gli consegno l’Orso di Peluche. Oppure lo facciamo a Cannes.
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Il luogo in cui si trova lei.
Ho una piccola casa a Cannes, proprio sulla Croisette. Ci sto passando le feste, ma la uso poco.
Qual è il segreto di Zalone?
Anzitutto la fisionomia: è giovane, ma rappresenta anche la mezza età. Ha una comicità modernissima, ma sa giocare sul filone classico. È normalissimo, eppure coltissimo. Incarna in un corpo solo tre epoche diverse di comicità. È antico e moderno, anzi postmoderno. E ha tempi di battuta musicali: non gli sfugge mezzo dettaglio.
Come si comportava?
Si divertiva a imitarmi. È una persona umile e affettuosa. Zalone, quando recita, è autosufficiente: non ha bisogno d’altro. Però non te lo dà a vedere, fa sempre un passo indietro e ti fa sentire importante. Lui e Nunziante dicevano che avermi sul set era un onore, perché sono stato un maestro e il primo a portare la Puglia nella commedia italiana.
Vorrebbe lavorare di nuovo con Zalone?
Un piccolo sogno ce l’ho: un film in cui io sono suo padre, come Sordi con Verdone. Mi piacerebbe molto: sarebbe perfetto.
Quanto può durare Zalone?
Almeno 20 anni. E il primo a goderne sarà San Pietro Valsecchi. Zalone cresce a ogni film, non è un artista destinato a esaurirsi in 4-5 anni. Anch’io avevo molti spettatori, mai però quanto lui. Neanche negli Ottanta c’erano fenomeni simili.
Eppure era un decennio d’oro: Benigni, Troisi, Verdone, Nuti, Benvenuti.
Non ne faccio una questione di talento, ma nessuno aveva allora i numeri di Zalone. Al limite Celentano. Erano anni buoni, capitava di fare 5 miliardi al botteghini. Poi arrivava Adriano e faceva 20 miliardi.
Prima ha citato Pupi Avati: in un primo momento il protagonista di Regalo di Natale doveva essere lei.
Vuole sapere se sono pentito? Ci vedemmo a pranzo, ricordo le ostriche. L’idea mi tentava molto, però Avati mi dette un ultimatum: una settimana. Parlando con il mio produttore Luciano Martino mi vennero alcuni dubbi: dire sì avrebbe voluto entrare in un cast già oliato, accanto a Cavina e Delle Piane. Rischiavo di uscirne sgretolato.
Quindi disse no?
Quindi gli espressi le mie perplessità, ma lui mi bloccò subito: ‘Lino, la settimana è passata e il tempo è scaduto. Big Ben ha detto stop’. Oggi, ogni volta che mi rivede, mi chiede se mi sia pentito. E io: ‘Certo, Pupi. Sono pentito, pentitissimo e recito pure l’atto di dolore’. Ma la verità è che sono solo molto contento per Abatantuono.
Dal Fatto Quotidiano del 2 gennaio 2015
COMMEDIA – DURATA 86′ – ITALIA
Checco è un ragazzo che ha realizzato tutti i sogni della sua vita. Con questa meravigliosa leggerezza Checco affronta una vita che fa invidia a tutti. Un giorno però tutto cambia ed è messo di fronte a una scelta difficile…