Come vedere La Isla Minima (2015) Streaming

La isla mínima: In terra ostile

– L’indagine su un crimine si trasforma nel ritratto febbrile di un’epoca oscura e violenta. Girato con cura, precisione e buoni mezzi, il film è stato presentato in concorso a San Sebastian

 [alert variation=”alert-warning”]Vuoi vedere questo film? leggi la nostra guida come vedere film in streaming[/alert]
Jesús Castro e Raúl Arévalo in La isla mínima

Il 1980 è stato decisivo per la storia della Spagna, un paese allora machista, in crisi (come oggi) e sconvolto. A un anno dal tentativo di colpo di Stato di Tejero, in una democrazia fragile, si scontrano due mondi – il vecchio e il nuovo – che convivono male, e promettono di farlo ancora per molto tempo. In questo arco temporale Alberto Rodríguez situa l’intreccio poliziesco di La isla mínima [+], suo sesto film, scritto insieme al suo fedele collaboratoreRafael Cobos, con cui ha già firmato Grupo 7 [+], After [+] e 7 vírgenes [+].

 Recensione

Il luogo dove si svolge l’azione ci viene subito presentato: si tratta delle rive del Guadalquivir, una enclave unica, umida e paludosa dove si coltiva il riso su terreni percorsi da strade, acqua e barche. Vista dall’alto, questa terra sembra un puzzle, un universo magnetico dove uccelli e uomini condividono lo stesso spazio. Le riprese aeree del film, girate con l’uso di droni e ritoccate in digitale, punteggiano il racconto e svelano la misteriosa bellezza di un paesaggio che via via si trasforma in personaggio, o quantomeno in uno stato d’animo che percorre tutto il film.

In questo luogo, due adolescenti scompaiono durante le celebrazioni di una festa locale. Due poliziotti vengono chiamati da Madrid per condurre le indagini: l’uno giovane idealista aperto al rinnovamento e che diventerà presto padre; l’altro della vecchia guardia e bon vivant che nasconde segreti inconfessabili. Il film riprende chiaramente uno dei grandi ingredienti di un genere ben conosciuto: due uomini complessi che non sarebbero mai diventati amici o compagni d’avventure se non si fossero ritrovati in missione insieme, ma che condivideranno molto più di quanto avrebbero immaginato e che, tra una perquisizione e un interrogatorio, arriveranno a rimettere in discussione le loro convinzioni, i loro metodi e i loro principi. Il fatto è che il confine tra la legalità e l’illecito è più facile da superare di quanto si pensi, soprattutto quando si tratta di catturare un serial killer.

Come suggerisce questa breve descrizione, La isla mínima evoca quel cinema americano tanto amato che va dalle atmosfere malsane di David Fincher alla serie True detective, passando perDavid Lynch, in quanto ritrae un microcosmo soffocante che pullula di presenze inquietanti, in cui dei giovani spariscono e genitori e vicini di casa sono spesso i primi sospettati. L’atmosfera del film è piuttosto viziata. La corruzione, la dominazione e il fatto che non ci si possa fidare di nessuno prevalgono su questa sedicente democrazia, che avrebbe dovuto far soffiare un vento di rinnovamento su un paese che invece, in luoghi tanto isolati, rimane ancorato ai quarant’anni di oscurità precedenti.

Come in Grupo 7, Rodríguez si mostra a suo agio nelle scene d’azione girate rapidamente su terreni difficili. In compenso, si fa fatica a identificarsi con i personaggi. Sebbene ciò che ci viene raccontato sia molto forte, non sentiamo mai davvero l’emozione corrispondente. Gli attori contribuiscono a questa debolezza giacché la coppia protagonista Javier Gutiérrez/Raúl Arévalo manca di quella torbidezza che dovrebbe rispecchiare, in teoria, le correnti sotterranee che animano simili personalità.

A parte questo, si prevede che La isla mínima sarà uno dei grandi appuntamenti del cinema spagnolo di questa stagione, soprattutto perché beneficia del sostegno promozionale del gruppo mediatico cui appartiene Atresmedia Cine, che ha coprodotto il film con Atípica Films e Sacromonte Films.

La isla minima di Alberto Rodriguez: la recensione

La isla minima di Alberto Rodriguez: la recensione

Il collasso morale di una società travolta dal regime franchista e ancora incapace di credere nella libertà e nella democrazia in un film pluripremiato in Spagna, a drammatica riprova dell’attualità del suo messaggio.

Paludi sul delta del Guadalquivir, 45 km a sud di Siviglia, 1980.
Delle tre isole la Minima è il paradiso di bracconieri e narcos, stormi gracchianti di uccelli bianchi svolazzano intorno a barche che rovesciano rifiuti ittici in acqua e trentamila ettari di campi di riso formano un gigantesco puzzle che, ripreso dall’alto, si dirama in una specie di mitico albero dai rami gonfi di vegetazione. Quando la macchina scende giù si sprofonda nell’acquitrino.
Il paesaggio è stato un elemento importantissimo del progetto sin dall’inizio – dice il regista, Alberto Rodríguez – E’ un luogo strano perché, nonostante sia completamente cristallino, è un labirinto: andare da un luogo all’altro è complicatissimo, con strade impraticabili e sentieri che possono sprofondare da un momento all’altro…”

Questo labirinto di pochi abitanti, che non è più terra ma non è ancora mare, è il vero protagonista della storia. Quaranta anni dopo gli insediamenti dei coloni, necessari all’economia franchista, quei luoghi sono uno spaccato della devastazione fatta di miseria, crollo sociale e degrado morale a cui il regime consegnò il Paese.
In questa enclave dove l’etica è collassata, i giovani sognano di andar via e nei pub scorrono fiumi di alcol, la convivenza è malsana come l’aria che arriva dalla palude. Le inquadrature spezzate, i filtri che rendono le atmosfere melmose e lo script gravido più di non detto che di parole, spostano la rappresentazione in una prospettiva marcatamente politica, dove il thriller diventa pretesto per uno sguardo sulla fisionomia ambigua, sgusciante e torbida di una società in transizione dalla dittatura alla democrazia.
E’ il decennio anni’80, quello in cui fu chiaro che i mali del Paese perduravano e proiettavano ombre lunghe sul suo futuro.
Rodríguez, al quarto lungometraggio, 10 premi Goya e accoglienza trionfale al festival di San Sebastian, si conferma regista maturo e attento alle sottili ramificazioni del male, che non è solo quello incarnato dal serial killer che stupra e squarta giovani adolescenti.
E’ il male che serpeggia in un tessuto sociale sofferente, cresciuto nel silenzio complice, nella collusione fra poteri forti, nella paura che, dopo, diventa licenza, arbitrio, illegalità diffusa, mali che prosperano quando la crescita democratica è stata soffocata per troppo tempo.

E’ la fine dell’estate del 1980, due giovani sorelle sono scomparse durante una festa di paese e due investigatori, Pedro (Raúl Arévalo) e Juan (Javier Gutiérrez) arrivano da Madrid per le indagini.
Sono molto diversi. Il primo, più giovane e taciturno, è figlio dei tempi nuovi, l’altro è stato un attivista della cosiddetta Gestapo franchista, ha modi sbrigativi e molto da farsi perdonare. Tra i due non si stabilirà nulla che non sia un rapporto di lavoro e chi prende ogni volta le distanze è proprio il più giovane.
Delle ragazze scomparse si dice che sono facili, si ammicca più che dire, il repertorio del “machismo” più bieco si fermerà solo davanti ai cadaveri nudi, orribilmente seviziati. Di altre sparizioni si saprà durante le indagini, sembra che sulle cose sia steso un velo che fatica ad alzarsi e ogni scoperta è un gradino più giù nel pozzo dell’orrore.
Negativi fotografici sbruciacchiati con scene di sesso finiscono nelle mani dei due detective e aprono la strada verso scenari di abuso, violenza e prostituzione. Il miraggio di un lavoro in città è ogni volta agitato davanti agli occhi di ragazze troppo ingenue e troppo amareggiate dalla loro vita reclusa, e il giovane ruffiano sa come ottenere quel che vuole per portarle nel casolare isolato di cui gli anziani clienti conoscono bene la strada.
Purtroppo fra questi spunta il serial killer, e il traffico s’interrompe.
L’impressione costante è di minaccia che alita ovunque e si concentra negli sguardi, in un parlare ambiguo che confina con l’omertà e segna uno strano procedere delle indagini, quasi che alla comunità importi poco che si arrivi ad un colpevole.
Nello spazio angusto delle scene d’interno, dove ambienti logori fanno da cornice a vite famigliari prive di collante, l’estraneità reciproca è il denominatore comune.
Al Procuratore capo interessa solo che l’inchiesta non disturbi il prossimo raccolto, sul profitto si gioca la stabilità politica e qualche ragazzetta facile che scompare non fermerà l’economia; alla Guardia Civil interessa che nessuno ficchi il naso nei suoi rapporti con i narcos, mentre le famiglie delle ragazze scomparse sembrano più tese a nascondere torbidi segreti che a ritrovare le figlie.
E così l’inchiesta procede lenta, ristagnando in atmosfere pesanti, animate solo nelle scene d’azione, quando Rodríguez fa muovere i suoi personaggi in uno scenario palustre nebuloso e sconcertante, dove le cose sembrano risucchiate in vortici di vuoto e il ritmo diventa elettrizzante.
Il commento musicale di Julio de la Rosa imprime al crime movie una cadenza lenta e lontana, realtà e mistero convivono e il confine con il delirio onirico è lì a due passi, pronto per essere superato.
Mondo afflitto da tare antiche e timoroso del nuovo, teme la libertà e vive con i suoi fantasmi.
La moglie di Pedro è incinta, solo al telefono con lei l’uomo si scioglie, l’arrivo di un figlio segnerà l’inizio di tempi nuovi.

News:

La isla mínima: recensione

La isla mínima è un film spagnolo del 2014 diretto da Alberto Rodríguez e in arrivo sui nostri schermi solo in questi ultimi giorni del dicembre 2015. La pellicola ha letteralmente sbancato l’edizione 2015 del Premio Goya, il più importante riconoscimento cinematografico spagnolo, portandosi a casa ben dieci premi, fra cui quello al miglior film, migliore regista, migliore sceneggiatura originale e migliore attore protagonista, ovvero Javier Gutierrez. Per trama, ambientazioni e personaggi, La isla minima ricorda la prima stagione dell’apprezzatissima serie televisiva americana True Detective. Queste due opere condividono infatti l’idea di due investigatori estremamente diversi per storia, carattere e ideali, mandati a indagare sull’omicidio di donne, avvenuto in Louisiana nella serie americana e in un piccolo paese sulle rive del fiume Guadalquivir nel film di Gutierrez. A differenza della serie ideata da Nic Pizzolatto, che basava gran parte delle sue fortune sugli ottimi dialoghi esistenzialisti fra i due protagonisti, il film di Alberto Rodríguez rimane invece sempre coi piedi ben saldi sul terreno, mostrando tutto il marcio di un piccolo paese i cui abitanti hanno tutto l’interesse a mantenere lo status quo. Azzeccata inoltre la scelta di ambientare il racconto nel 1980, durante le tensioni sociali spagnole che portarono poi al fallito tentativo di colpo di stato dell’anno seguente.

La isla mínima è un film del 2014 diretto da Alberto Rodríguez e interpretato da Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez

I due investigatori Pedro (Raúl Arévalo) e Juan (Javier Gutierrez) sono due uomini agli antipodi. Il primo è un testardo idealista, capace di opporsi fermamente all’autorità per fare valere le proprio idee progressiste e la sua visione di una polizia più tollerante e dalla parte della gente; presto diventerà padre, e non ha ancora digerito del tutto questo imminente cambiamento nella sua vita. Juan invece non ha relazioni affettive, concentra tutti i suoi sforzi sul lavoro ed è uno della vecchia guardia, cioè disposto a usare tutti i mezzi possibili, compresi l’intimidazione e la tortura, per portare a casa risultati; è tormentato dagli scheletri nell’armadio provenienti dal suo passato e ha una visione della vita completamente opposta a quella del collega, perchè sa di essere un malato terminale con pochi giorni davanti. Due mondi apparentemente non comunicanti e inconciliabili, che invece trovano la forza di unirsi per cooperare sul caso a loro assegnato, ovvero l’indagine su un serial killer responsabile della morte di giovani donne. La capacità da parte dei due detective di fare squadra diventa inoltre un parallelo con quanto realmente avvenuto in Spagna, dove due sentimenti diametralmente opposti come quello ancora vicino ai resti della dittatura di Francisco Franco e quello aperto a un futuro più civile e democratico furono in grado di riunirsi per il bene comune.

La isla mínima: un True Detective in salsa andalusa

La pellicola è dominata da una palpabile e crescente tensione e da un ambiente ostile, composto fondamentalmente da paludi e terreni con scarsa vegetazione. Una terra sterile e inospitale, che ben si adatta al modo di agire e di pensare dei locali, pedine di un sistema corrotto fino al midollo e restii a svelare tutti i segreti del paese, ostacolando così le indagini dei due protagonisti. Completano l’opera di immedesimazione in questi paesaggi comunque affascinanti una splendida fotografia, ricca di sfumature di giallo e marrone che fanno quasi entrare lo spettatore nel clima del posto, e dellespettacolari riprese aree modificate digitalmente, che dipingono questo posto come un labirinto da cui è impossibile fuggire, facendolo diventare un vero e proprio personaggio del film.

La isla mínima è un film del 2014 diretto da Alberto Rodríguez e interpretato da Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez

La isla mínima si dimostra un film compatto, solido e praticamente senza sbavature, che dimostra la vitalità del cinema europeo di genere. La storia si dipana lentamente, avvolgendo però lo spettatore in una morsa che allo stesso tempo lo affascina e lo inquieta, immergendolo in un mondo marcio e malato, dove chiunque ha un lato oscuro da nascondere, e prendendolo infine per mano verso un finale tutt’altro che banale. Dovendo sforzarci di trovare un difetto al film, possiamo dire che, a differenza del già citato termine di paragone True Detective, il contrasto fra i due protagonisti non viene reso in maniera così incisiva ed emozionante, rendendo così più difficile per lo spettatore provare empatia verso di loro. Una piccola e trascurabile pecca per un film che per il resto funziona davvero in ogni sua componente.

La isla mínima è un film del 2014 diretto da Alberto Rodríguez e interpretato da Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez

Sceneggiato e diretto da Alberto Rodríguez e ricompensato in patria con dieci premi Goya, arriva anche nelle sale italiane La isla mínima, un thriller poliziesco ambientato in Andalusia nel 1980, in cui una coppia di detective indaga sulla sparizione di due ragazze nei pressi delle paludi di Guadalquivir.

Nel corso dell’ultimo decennio, il regista e sceneggiatore Alberto Rodríguez si è imposto come uno dei nomi più apprezzati nel panorama del cinema spagnolo (benché i suoi film, per ora, non abbiano raccolto molta visibilità al di fuori dei confini nazionali). Dal dramma giovanile 7 vírgenes del 2005, passando per After per arrivare poi, nel 2009, al fortunato poliziesco Grupo 7, Rodríguez ha goduto di un consenso via via crescente, culminato nel 2014 con un nuovo cimento nei territori del thriller, La isla mínima.

Realizzato quasi in contemporanea con la prima, folgorante stagione del serial americano True Detective (ed è pertanto da escludere una diretta influenza fra i due prodotti), La isla mínima ha riscosso un grande successo di critica e di pubblico in Spagna, tanto da aggiudicarsi un totale di ben dieci premi Goya, inclusi i trofei per miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura, firmata a quattro mani da Rodríguez insieme al suo fedele collaboratore Rafael Cobos.

Le paludi della morte

Siamo nel 1980: cinque anni dopo la morte del generale Francisco Franco, l’uomo che per quattro decenni aveva tenuto la Spagna nella morsa di una feroce dittatura, e poco più di un anno dopo il referendum per l’adozione di una nuova Costituzione. In un paese alle prese con un faticoso processo di “ritorno alla libertà” ma ancora impregnato dei residui del vecchio regime, due detective della Squadra Omicidi della polizia di Madrid vengono inviati in una sperduta cittadina di campagna in Andalusia. Si tratta del giovanePedro Suárez (Raúl Arévalo, di recente nel cast de Gli amanti passeggeri), freddo, metodico e di idee progressiste, e di Juan Robles (Javier Gutiérrez, ricompensato con il Goya come miglior attore), un uomo più istintivo e irruento. Costretti, fin dalla prima sera della loro ‘trasferta’, a condividere addirittura la stessa camera d’albergo, i due poliziotti hanno l’incarico di far luce sulla misteriosa scomparsa di due sorelle poco più che adolescenti, sparite nel corso di una festa cittadina.

I pochi indizi a disposizione, fra cui i negativi di alcune foto osé scattate dalle due ragazze, conducono Robles e Suárez a esplorare la “vita segreta” della coppia di sorelle, legate da un ambiguo rapporto al fascinoso Joaquín Varela (Jesús Castro); e nel frattempo, dalle adiacenti paludi di Guadalquivir iniziano ad emergere i primi, agghiaccianti frammenti di un’atroce verità. L’indagine dell’orrore e il confronto diretto con una brutale violenza appaiono da subito come i principali trait d’union tra il film di Alberto Rodríguez e la serie HBO di Nic Pizzolatto: La isla mínima non concede alcuna mitigazione alla crudezza della materia narrativa, ma procede secondo un secco realismo, ben lontano dalla spettacolarità di marca hollywoodiana. Robles e Suárez sono true detective nel vero senso della parola: due personaggi assolutamente privi di cliché o di tratti distintivi spinti all’estremo, e pertanto credibili proprio in virtù della loro sostanziale ‘normalità’; così come la detection non procede attraverso colpi di scena o svolte improvvise, ma come un lavoro lento e metodico, mediante il quale lo sguardo degli spettatori si addentra all’interno di questa comunità circoscritta e omertosa.

Un poliziesco fra le ombre del passato

Il nucleo de La isla mínima, difatti, non risiede in un plot particolarmente originale o spiazzante, quanto nella capacità di adoperare le suggestioni offerte dall’ambientazione (con l’apporto della fotografia dai toni sbiaditi diAlex Catalán) e gli elementi di inquietudine insiti nella descrizione della cittadina e dei suoi abitanti per costruire un’atmosfera gravida di tensione: una tensione che rimanda inevitabilmente alla consapevolezza dei lati oscuri della natura umana. E in filigrana, dietro la storyline prettamente poliziesca, Rodríguez sembra voler rimandare anche a una riflessione sulla coscienza morale della Spagna post-franchista: il ritratto di un paese sospeso fra un doloroso passato e un futuro ancora in via di definizione. Mentre il finale amarissimo nella sala da ballo di un night club, in stridente contrasto con il ritmo disco di Yes Sir, I Can Boogie, punta il dito contro la vigliaccheria della rimozione delle vergogne e dei crimini del regime.

Un sottotesto di carattere storico che, tuttavia, non collide in maniera esplicita con il percorso poliziesco dei detective Robles e Suárez, rimanendo piuttosto una ‘costola’ della trama. Ed è forse in tale aspetto che si può rintracciare il limite primario di un’opera come La isla mínima, al di là dei suoi evidenti meriti dal punto di vista della messa in scena (si veda l’elettrizzante inseguimento finale): nella scelta di accontentarsi di costruire un valido noir senza però premere maggiormente il pedale sulla dimensione politica della vicenda, magari approfondendo le figure dei due protagonisti, dei quali al contrario rimangono in ombra i lati più ‘privati’. Rodríguez, insomma, non sfrutta appieno questo potenziale, ma dimostra in compenso di saper realizzare un “cinema di genere” di alto livello, confermandosi fra i registi di punta dell’attuale scena europea nei settori del poliziesco e del thriller.

Redazione Autore