Da andare subito a vedere anche se non avrete – ma non si sa mai – l’insolita possibilità di trovare nella poltrona a fianco un’astronauta vera, e per di più carica di record, come Samantha Cristoforetti, che non solo si appassiona alle disavventure di Matt Damon – Mark Watney come noi comuni mortali, ma che poi vi spiega subito che cosa va e che cosa non va nel magnifico e avvincente film “The Martian”.
GRAVITY
Proprio come aveva fatto, con grande successo, recensendo da navigata critica la pellicola cult “Gravity”, rimpiangendo anche l’improbabile abbigliamento intimo, invero succinto, della protagonista Sandra Bullockche entrava e usciva rapidissima in coulotte e minicanottiera dalla tuta spaziale quando invece nella realtà gli astronauti come Samantha indossano pesanti e assai poco agevoli e ancor meno sexy abiti sopra-pelle percorsi da un centinaio di metri di tubicini.
Però, ripetiamo, The Martian è da vedere perché è meglio di Gravity e Apollo 13 messi insieme, con la sua fantascienza così verosimilmente concreta e vicina a noi, trent’anni appena: anno 2045. Con i suoi scenari che non cedono mai a irrisolvibili, almeno finora, speculazioni cerebrali come il sommo 2001 Odissea nella spazio o come il recente e pur molto affascinante Interstellar. E poi è da vedere perché proprio in questi giorni – con una coincidenza benevolmente sospetta – la Nasa, consulente della troupe, ha confermato la presenza di acqua allo stato liquido su Marte. Circostanza invero non presente nel film e nel romanzo.
A ogni modo, grazie alla Twentieth Century Fox e all’Agenzia spaziale italiana che hanno allestito martedì sera a Tor Vergata l’anteprima mondiale di The Martian da oggi nelle sale, ecco che cosa capita quando si guarda l’astronauta Matt Damon lassù sullo schermo, anzi, ancora più in alto, su Marte, avendo lì a fianco l’astronauta Samantha Cristoforetti. E avendo prima già divorato in due notti il romanzo The Martian del fuoriclasse Andy Weir da cui il maestro Ridley Scott ha tratto il film dimenticando – viene da dire per fortuna – di avere creato Alien e Blade Runner, e magari invece ripescando il tema dell’infinita e resiliente contesa de I Duellanti, che adesso sono, da una parte Matt Damon e, dall’altra, il pianeta Marte.
Avere già letto il libro, nel caso di The Martian, non comporta poi il sempre alto rischio di essere delusi dal film, che manca solo di un’ottava di drammaticità rispetto al romanzo. Si può accettare, come si può sorvolare su due o tre licenze scientifiche e tecnologiche che il regista si è concesso: il botanico astronauta Mark Watney, abbandonato su Marte perché creduto morto, non è apparentemente mai soggetto alla minore gravità del pianeta rosso, dove si pesa solo un terzo rispetto alla Terra. Il che non vuole dire che sulla sabbia marziana si proceda necessariamente solo a balzi come sulla Luna, dove si pesa il doppio di meno: un sesto. Non vorremmo essere blasfemi, ma, ehm ehm, anche Corrado Guzzanti non si era posto il problema della gravità nel suo Fascisti su Marte.
Matt Damon e Jessica Chastain parlano
con gli astronauti della Stazione internazionale VIDEO
LA TEMPESTA
Inoltre la tempesta di vento e sabbia e detriti rocciosi che apre il film, anzi, che lo innesca, non potrebbe mai avvenire perché la rarefazione dell’atmosfera su Marte consente solo leggere brezze capaci di trasportare giusto polvere fine come borotalco. Infine, ma di ciò non viene fatta menzione anche nel romanzo, c’è il dubbio – dirà poi la Cristoforetti – che un naufrago marziano come Mark Watney debba sopportare pesanti conseguenze – che torni o meno sulla Terra – per l’esposizione delle radiazioni cosmiche i cui effetti ancora poco noti sono tra le principali fonti di preoccupazione in chi tutela la salute degli astronauti, compresi quelli della stazione spaziale internazionale che ha ospitato di recente Luca Parmitano (fan della prima ora del romanzo The Martian) e la stessa Samantha.
PROUST, DEFOE E VERNE
Via via che il film avanza e che Matt Damon supera un ostacolo dopo l’altro con stupefacenti trovate d’ingegno e fenomenale ironia, le sensazioni che affiorano, ben più tenere delle madaleine di Proust, sono quelle di un infanzia assolutamente non digitale, con un solo canale tv in bianco e nero e molti libri: allora non, come troppo facilmente è stato detto, il Crusoè settecentesco di Defoe, ma proprio il tardo ottocentesco ingegnere Smith dell’Isola misteriosa di Verne. Per ogni ostacolo bisogna ragionare e ragionare ancora: si può restare così in vita anche senza essere supereroi con superpoteri.
E’ un film sul futuro ma Scott ti spinge sempre nel lieve limbo delle emozioni del passato prossimo, dell’adolescenza, anche grazie a un escamotage portentoso: l’idea non è sua, ma dello scrittore Weir che però forse non ne aveva immaginato gli effetti nella trasposizione cinematografica. Figuriamoci: come nei più scontati luoghi comuni, lo scrittore e ingegnere informatico americano Weir, terminato il capolavoro, non trovò uno straccio di editore che credette in lui e nel 2011, tenace come il protagonista ideato, si autopubblicò il libro, poi divenuto un super bestseller.
I WILL SURVIVE
L’escamotage è quello di avere punito il povero Watney con un’unica scorta di canzoni nel rifugio-prigione marziano, ovvero la play list tutta e solo di discomusic anni 70 e 80 lasciata dalla comandante della missione, Lewis, nel film una credibile Jessica Chastain. Quando si legge il romanzo ci si fa per forza meno caso: sì, l’autoironia costante del protagonista, che si mette persino in posa alla Fonzie, è un’altra felice intuizione dello scrittore ripresa pari pari dal regista e dello sceneggiatore Drew Goddard, ma poi ascoltare davvero in sala le hit degli Abba e, nel finale, I will survive di Gloria Gaynor mentre Watney si arrabatta per non tirare le cuoia, è veramente travolgente. Da lacrime agli occhi, stretti fra disperazione e gioia. Si sente anche David Bowie, ma non con Life on Mars? (che ovvia banalità) o Space Oddity, ma con Star Man, ad accompagnare un periodo in cui il botanico sembra finalmente averla imbroccata giusta.
Il film, sempre rispetto al libro in cui la descrizione fa meno impressione, mostra senza pietà il corpo macilento e coperto di piaghe di Damon quando i sol passati su Marte diventano troppi e le scorte di viveri, comprese le ormai famose patate da lui prodigiosamente coltivate sulla sabbia rossa, stanno per finire. Sol? E’ il giorno che su Marte dura 38 minuti in più che da noi. Sembra poca roba, ma chi segue da Terra le attività, ad esempio, delle sonde su Marte ha dovuto davvero rivedere questioni assai poco spaziali e invece molto sindacali come i turni di lavoro: otto ore al giorno terrestre oppure otto ore al sol?
COMUNICAZIONI LENTE
“Anche il ritardo nelle comunicazioni con la Terra – spiega poi la astronauta italiana dell’Agenzia spaziale europa, in gran forma – è reso bene in The Martian, sia pure anche qui usando spesso l’ironia: ci sono almeno 20 minuti di attesa tra domanda e risposta e quindi, intanto, eventuali emergenze in rapida evoluzione non potrebbero essere risolte con l’aiuto del centro di controllo sulla Terra. Diventa ancora più importante contare su se stessi e sui propri compagni. Matt Damon è solo, ma per colpa di una catastrofe che speriamo non avverrà mai, ma poi l’equipaggio dell’astronave e i team tecnici sulla Terra dimostrano l’importanza vitale del lavoro di squadra”.
USA E CINA
Dimostrano anche perché la Cristoforetti abbia imparato, pur con poco o punto tempo libero e non essendone obbligata, il cinese dopo inglese, francese, tedesco e russo. In The Martian, assai più che in Gravity, è ipotizzata un’alleanza tra Usa e Cina per salvare il botanico. Che squadra, americani e cinesi insieme. “Nello spazio, nella stazione internazionale, si impara a fidarsi pienamente uno dell’altro, a capirsi con uno sguardo – dice la astronauta quando tra gli applausi si riaccendono le luci nella sala auditorium dell’Asi – E’ una grande esperienza e sarei pronta a ripartire subito: sì, anche per Marte, anche se la missione durerebbe, con le tecnologie attuali, almeno due anni. Non so se potrei cavarmela come Matt Damon, un attore molto bravo. Non sono nemmeno botanica, ma l’istinto di sopravvivenza, ne sono sicura, qualcosa mi farebbe inventare”.
EXOMARS
Intanto per Marte stanno per partire, tra il 2016 e il 2018, l’orbiter e la sonda della missione Exomars, dell’agenzia spaziale europea (con un ruolo leader per l’Asi) e della’agenzia spaziale russa”.
“Già, nello spazio prima dell’uomo vanno sempre i robot, così si testano materiali e tecnologie e, soprattutto, si raccolgono informazioni – conclude la Cristoforetti, assediata più di Matt Damon a un festival cinematografico – Anche in The Martian queste apparecchiature hanno un ruolo decisivo: al netto di questioni scientifiche e tecniche, è un bel film, appassionante, che può spingere tanti a seguire con più attenzione i temi dell’esplorazione spaziale da cui dipende molto del futuro dell’umanità che avrà bisogno di risorse magari rintracciabili anche su Marte.
UN CAMEO IN STAR TREK
Vi consiglio inoltre Europe Report, un film low budget ma molto interessante. Io in un film sugli appassionati di Star Trek? Beh, quella serie televisiva mi è sempre piaciuta, ma non potrei mai recitare. Sì, sì, sul web qualcosa è uscito, ma al più posso remotamente pensare di fare un cameo”.
Matt Damon è avvisato.
Dopo il tutt’altro che riuscito Exodus – Dei e re e l’ambizioso Prometheus, Ridley Scott guarda ancora in alto, verso progetti che toccano il cielo, ma questa volta punta i piedi nella solidità della scienza. Ecco così che il suo nuovo film Sopravvissuto – The Martian è uno sci-fi robusto che non mira alla magnificenza ma ha invece nella plausibilità – almeno apparente – la sua colonna vertebrale. Dal ritmo pieno, è puntellato da momenti divertenti e insaporito da hit da disco music anni ’70 che creano uno spiritoso e gustoso effetto vintage. Gli scenari rossi e vasti di Marte riempiono lo sguardo, senza però diventare una facile esca usata in abbondanza.
Matt Damon non è certo il Mark Watney ideale ma assolve discretamente alla missione, tirando fuori punte di strafottenza e simpatia a lui meno note.
Dal 1° ottobre al cinema, ecco 5 cose da sapere su Sopravvissuto – The Martian.
1) Dal libro di Andy Weirr con fedeltà
Sopravvissuto – The Martian è tratto dall’omonimo libro di Andy Weir e ha il pregio di ripercorrerlo con buona fedeltà. Lo sceneggiatore Drew Goddard, che già ha messo la penna in World War Z, Cloverfield e alcuni episodi della serie tv Lost, si attiene al romanzo ma, con intelligenza, ne semplifica la trama eliminando i tanti tecnicismi e asciugandola dagli ancor più numerosi imprevisti vissuti da Mark Watney, astronauta creduto morto e abbandonato su Marte dai compagni di missione. La coltivazione di patate in terra marziana, le parolacce consegnate da Mark al giornale di bordo, la disco music: tutto quello che c’è nel film, c’è anche nel libro. Goddard aggiunge solo piccole dosi di enfasi drammatica ed emotiva (soprattutto sul finale).
2) Una storia di sopravvivenza, tra dramma e umorismo
Nel futuro molto simile all’oggi pensato da Sopravvissuto – The Martian l’uomo è già approdato su Marte. La Nasa ha in corso Ares 3, la sua terza missione sul pianeta rosso, guidata dal comandante Melissa Lewis (una donna!) interpretata da Jessica Chastain. A causa di una tempesta di potenza inattesa Ares 3 deve però abortire. Nella fuga verso il Mav, veicolo spaziale che riporterà l’equipaggio all’astronave Hermes, Mark Watney (Matt Damon) viene infilzato da un’antenna e scaraventato lontano. Creduto morto, è abbandonato su Marte. Ma Mark è tutt’altro che defunto, è anzi pronto ad aggrapparsi alla vita facendo fondo a tutte le sue conoscenze botaniche, chimiche e ingegneristiche. E usando a man bassa ironia e senso dell’umorismo. È questo l’ingrendiente fortunato di Sopravvissuto – The Martian, che screzia il dramma di buonumore e lo differenzia da altre storie di sopravvivenza alla Cast Away.
“Il tono spiritoso della storia non è mai fuori luogo e fa da complemento al dramma intenso della vicenda, cosa che non accade mai nel genere fantascientifico”, ha detto Damon, che ha accettato il ruolo proprio per la propensione all’ottimismo dello script.
L’altro elemento che crea dinamismo e contribuisce al buon ritmo del film è il gioco di squadra messo in piedi per salvare Mark. L’attenzione si sposta da Marte alla Sala di Controllo Missione della Nasal, poi al Jet Propulsion Laboratory o a bordo di Hermes. Entrano in gioco lo scrupoloso direttore delle missioni su Marte Vincent Kapoor (Chiwetel Ejiofor), lo scontroso direttore di volo di Ares 3 Mitch Henderson (Sean Bean), il pilota burlone Rick Martinez (Michael Peña), la riservata esperta di informatica Beth Johanssen (Kate Mara)…
3) Matt Damon il quasi guascone della spazio
Watney è un simpatico e ingegnoso guascone dello spazio. È un botanico e un ingegnere meccanico. Con scorte di cibo e acqua limitate, ben consapevole che la morte è una delle ipotesi più accreditate del suo avvenire prossimo, ostenta allegra ironia e impudente vitalità, pronto a sciorinare un linguaggio gioiosamente scurrile. Il faccione da bravo ragazzo di Matt Damon non è certo quello che ti aspetti per incarnarlo. E neanche i suoi muscoli ben disegnati. Matt si dà da fare e riesce ad essere credibile anche se non propriamente carismatico. Una faccia da schiaffi alla Josh Brolin sarebbe stata più opportuna.
Per la parte Damon ha perso peso ma non ha dovuto sottoporsi ad addestramenti da astronauta, visto che il suo personaggio è sempre ben ancorato a Marte. Cosa diversa per Jessica Chastain. Nota per la scrupolosità con cui si prepara ai ruoli, l’attrice si è preparata a simulare i movimenti in assenza di gravità, attingendo alla sua esperienza di danzatrice, ha trascorso diversi giorni presso le strutture Nasa e si è documentata sulla vita degli astronauti, fra cui Sally Ride, la prima donna americana nello spazio.
Caso vuole che sia Chastain che Damon vengano dall’esperienza di un altro sci-fi, Interstellar di Christopher Nolan. “Nel film del 2014Interstellar, il mio personaggio restava sulla Terra; durante la proiezione ricordo di aver pensato quanto doveva essere stato divertente per Matthew McConaughey e Anne Hathaway girare le scene spaziali”, rivela Chastain. “Ho pensato che sarebbe stato veramente bello interpretare un astronauta. Un paio di settimane dopo sono venuta a sapere che Ridley mi voleva inSopravvissuto – The Martian. Quindi ce l’ho messa tutta”.
4) La disco music anni ’70
Marte è inospitale. Il suo clima estremo offre un’escursione termica che va dai -153°C ai 22°C d’estate. Per non parlare della respirazione, che è praticamente impossibile: il 95% dell’aria è composto da anidride carbonica. Mark Watney ha quindi tanti probleni da risolvere ma quello che più spesso l’assilla è… come riuscire a sopravvivere con la dannata musica disco dell’unica playlist selezionata dal comandante Lewis?
Altro che silenzi infiniti e dialoghi al nulla: in un futuro capace di inviare uomini su Marte risuonano briose le note immancabili degliAbba e croccanti pezzi anni Settanta, da Starman di David Bowie a I Will Survive di Gloria Gaynor. Scelta formidabile!
5) Location
Il Teatro 6 dei Korda Studios di Budapest, reputato il più grande al mondo, è stato usato per costruire un paesaggio marziano che ospita l’Hab e la piattaforma di lancio del Mav. Il set è stato utilizzato soprattutto per le scene di dialogo, gli interni dell’Hab e per mettere in scena la tempesta di sabbia. I panorami e le vaste prospettive sono stati invece girati in Giordania, nel deserto di Wadi Rum.
La Nasa ha collaborato volentieri al film, fornendo una consulenza tecnica e una grande quantità di immagini satellitari ad alta risoluzione e materiale video. L’astronave Hermes, ad esempio, alimentata da un propulsore al plasma, è stata realizzata basandosi su avanzati progetti della Nasa.
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